La Dr.ssa Chiara Bernabini, gastroenterologa di Ravenna 33, dà consigli su come alleviare i sintomi di un disturbo comune e spesso debilitante, in cui la flora batterica gioca un ruolo chiave.
La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo gastrointestinale cronico funzionale estremamente comune e spesso molto debilitante. Viene definito dalla presenza di episodi ricorrenti di dolore addominale associati ad alterazioni delle abitudini intestinali. È una delle problematiche che più di frequente si riscontrano nella pratica clinica. Ne soffre infatti il 12% della popolazione e, spesso, ha un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti affetti. A parlarne è la Dr.ssa Chiara Bernabini, gastroenterologa di Ravenna 33.
Quali sono i fattori predisponenti e scatenanti della sindrome dell’intestino irritabile?
«La presenza di interazioni anomale tra cervello e intestino, l’ipersensibilità viscerale, la presenza di alterazione della motilità intestinale e fattori di stress psicologico. È ormai evidente che il ruolo del microbioma, ossia della cosiddetta “flora batterica”, giochi un ruolo chiave nella sua genesi».
Quanti sono i microrganismi che popolano il tratto gastrointestinale umano?
«Sono fino a 100 mila miliardi e corrispondono a più di 2 mila specie diverse, la maggior parte delle quali abita l’intestino tenue distale e il colon. Sebbene l’attenzione si sia concentrata sui batteri, è importante ricordare che anche i virus, i funghi, gli archei e gli eucarioti contribuiscono alle comunità che popolano questo microambiente».
Recenti ricerche suggeriscono che i fattori ambientali come la dieta, i farmaci e lo stile di vita esercitano un’influenza maggiore sulla flora batterica intestinale rispetto alla genetica. Ma come può un microbioma alterato, portare alla sindrome dell’intestino irritabile?
«L’ipotesi prevalente è che lo squilibrio delle comunità batteriche intestinali, o “disbiosi”, porti all’attivazione del sistema immunitario intestinale e a una potenziale infiammazione locale di basso grado. Un argomento chiave a sostegno di questa ipotesi è il rischio drammaticamente aumentato di sviluppare la sindrome dell’intestino irritabile dopo una gastroenterite acuta, indipendentemente dal tipo di infezione (batteri, virus o parassiti)».
Quali sono le principali forme di colon irritabile?
«Quella a predominanza di costipazione e quella di tipo diarroico. Il primo caso è associato a un aumento dei livelli di archei metanogeni intestinali, specie non rilevante nel secondo. Questo specifico ceppo batterico, producendo metano, determina un rallentamento della contrattilità intestinale, facilitando lo sviluppo della costipazione».
Come si studia il microbioma intestinale per poi valutare un’efficace terapia?
«In modo semplice e non invasivo, ossia mediante la raccolta di un singolo campione fecale, con cui è possibile analizzare le varie tipologie presenti (o assenti) e impostare un trattamento mirato sulle necessità di ogni paziente. Mentre gli antibiotici e le modifiche dietetiche sono da tempo utilizzati per alleviare i sintomi del disturbo, con successo variabile, la comprensione dei meccanismi specifici con cui i microbi intestinali esercitano i loro effetti sull’ospite può consentire lo sviluppo di trattamenti mirati che possono trattare con successo le cause che ne sono alla base».
Come trattare allora una sindrome del colon irritabile che può essere sostenuta da un alterato microbioma?
«Le opzioni terapeutiche sono molteplici, e spesso da utilizzare in modo combinato, per ottimizzare il trattamento tenendo in considerazione le specifiche caratteristiche personali, di stile di vita e di “storia clinica” del singolo paziente. Può essere indicato l’utilizzo di prebiotici quali oligosaccaridi e polisaccaridi non digeribili, GOS e FOS, in grado di promuovere la crescita o l’attività (o entrambe) di ceppi batterici che apportano un beneficio alla salute dell’ospite, riducendo l’intensità dei sintomi e migliorando la qualità della vita. Si possono utilizzare ceppi diversi (o multipli) di probiotici, microrganismi vivi o attenuati che alterano le comunità microbiche intestinali, riducendo anche l’ipersensibilità viscerale ed esercitando effetti antinfiammatori, migliorando i sintomi globali, il dolore addominale, il gonfiore e la flatulenza. In associazione a queste due categorie terapeutiche, secondo le necessità individuali, è possibile ricorrere infine a vari nutraceutici e integratori in grado di mudulare l’attività batterica».
Quanto conta prestare attenzione al regime dietetico?
«Molto, in quanto può avere benefici duraturi legati alla riduzione della fermentazione degli alimenti nel colon o alla diminuzione dellattivazione di antigeni del sistema immunitario intestinale».