Intervista al Dr. Cesare Renzelli, pediatra di Ravenna 33, che spiega come individuare malattie cardiache nei più piccoli e come effettuare i controlli in ottica preventiva.

 LA CARDIOLOGIA PEDIATRICA

In tempi in cui la medicina fa progressi molto rapidamente, sempre più importante è il riconoscimento tempestivo di alcune cardiopatie congenite o acquisite e di potenziali disturbi del ritmo cardiaco sin dall’età pediatrica. Fin dai primi mesi di vita, infatti, è possibile individuare malattie cardiache che richiedono un inquadramento clinico e un successivo attento monitoraggio nel tempo. A parlarne è il Dr. Cesare Renzelli, pediatra di Ravenna 33, con alle spalle una lunga esperienza in cardiologia pediatrica, oltre che in neonatologia e terapia intensiva neonatale e in problemi riguardanti l’emergenza pediatrica e neonatale.

Dr. Renzelli, perché si sente ancora parlare poco di cardiologia pediatrica?
«È una branca di nicchia. Il cardiologo dell’adulto spesso non vede volentieri i bambini, specialmente i più piccoli. A volte, inoltre, c’è è il timore che a parlarne troppo si finisca col creare inutili allarmismi».

Qual è il modo giusto per affrontare la cardiologia pediatrica?
«Ci sono due diverse strade. La prima sarebbe quella della prevenzione e profilassi da fare a tutti con elettrocardiogramma ed ecografia nei primi mesi di vita, ma che purtroppo non è praticabile per problemi di costi e strutture. In genere viene fatta più tardivamente a 6 anni per i bambini che richiedono il certificato sportivo e per i quali è importante escludere cardiopatie e problemi aritmologici. La seconda strada, quella che realmente si percorre, prevede un uso mirato della cardiologia pediatrica per quei bambini che presentano sintomi o che non hanno un’oggettività di cardiopatie ma un soffio al cuore che preoccupa i genitori».

Cercando di fare chiarezza: il soffio al cuore è da temere oppure no?
«Non è una malattia. Lo si avverte perché il sangue fa un rumore, paragonabile a quello di un fiume quando il flusso è più turbolento. Spetta al medico verificare che sia un soffio normale, innocente, oppure legato a un buco, a un restringimento e, quindi, a un problema sottostante organico. Dopo aver fatto gli opportuni controlli, se non risulta nulla di patologico, ci si può mettere una pietra sopra».

Quando si parla di problemi cardiaci nei bambini e ragazzini, il pensiero va spesso alle morti improvvise…
«Sì, è bene dire però che si tratta di eventi rari legati ad aritmie gravi e non diagnosticate o non prevedibili o ad anomalie congenite. Di certo, in tutti quei casi in cui ci sono stati episodi in famiglia, è bene prestare un po’ di attenzione in più e iniziare a controllarsi prima».

I controlli vanno effettuati dal pediatra o dal cardiologo?
«Compito del pediatra è rendersi conto di tutte le problematiche dei più giovani con le loro peculiarità, chiedendo poi il supporto del medico specialista in cardiologia qualora necessario. Più abituati a occuparsi dell’adulto, a volte i cardiologi faticano di più a rapportarsi con i bambini fino ai 3-4 anni che non stanno fermi e hanno un cuore che batte più forte».

Entrando nello specifico, come funziona il cuore dei più piccoli?
«Il bambino cambia gradualmente da quando nasce fino all’adolescenza e, quindi, si modifica completamente il suo elettrocardiogramma.
Questo vuol dire che ciò che per un bambino è normale, in un adulto risulterebbe patologico. Importante è eseguire un’ecografia se si vogliono vedere meglio le strutture e la forma del cuore, scoprendo quindi eventuali anomalie».

Quali sono i sintomi che è sempre bene indagare?
«Un facile affaticamento, difficoltà respiratorie e il cuore che batte più forte. Nei più piccoli, non è sempre semplice farsi spiegare, può capitare però di vedere far fatica nel mangiare. Anche i classici dolori al petto vanno indagati, anche se raramente sono da attribuire al cuore. Nell’adolescente a preoccupare poi possono essere sincopi o svenimenti».

C’è un controllo che spesso non viene fatto in età pediatrica e che invece dovrebbe diventare di routine?
«Quello della pressione arteriosa. Contrariamente al luogo comune, anche i bambini possono soffrire di pressione alta. Il problema è avere strumenti adatti per misurarla, riuscire a tenere fermo il bimbo e avere pazienza. Anche se un controllo sarebbe importante per tutti, spesso si tende a farlo solo dopo una certa età se c’è familiarità o se ci sono condizioni fisiche che fanno sospettare qualcosa. Le patologie sono tante e i riscontri sono spesso occasionali, spesso si viene per un problema e se ne scoprono altri. Lo screening è prezioso. Per quanto mi riguarda sono contento di proporlo nel privato sapendo però che per il servizio pubblico sarebbe un ulteriore carico di lavoro».

Parlando di strumenti, ce ne sono alcuni specifici per i più piccoli?
«Certamente ed è fondamentale averli per accertamenti precisi. Per misurare la pressione, per esempio, ci sono bracciali per tutti, dal bimbo prematuro fino all’adulto. Anche per effettuare l’ecografia al cuore, è necessario avere sonde adatte al neonato e al bambino, come quelle disponibili a Ravenna 33, che consentono la massima accuratezza diagnostica, grazie a immagini nitide ad alta definizione».

Dal suo punto di vista di pediatra d’esperienza, come sono cambiati i genitori? Sono più o meno collaborativi di un tempo?
«Questo è un discorso delicato perché oggi la classe genitoriale è diventata più apprensiva e ansiosa. In parte è dovuto al fatto che non ripone più la stessa fiducia nei nonni, una volta considerati depositari di saggezza. A fronte di chi poco si cura dei figli, c’è poi chi esagera e vuole avere il massimo, i figli perfetti, scatenando poi in questi ultimi il timore di non essere all’altezza. Con l’avvento del web poi, molti arrivano alla visita con convinzioni errate in base a ciò che hanno letto e non sempre è facile ristabilire un equilibrio».

Qual è la più grande gioia del suo lavoro?
«Senza dubbio vedere che, a distanza di anni, i miei pazienti – magari divenuti genitori – ritornano e con loro si instaura di nuovo un bel rapporto».