Intervista al dottor Corrado Tomasi, cardiologo aritmologo di Ravenna 33, che spiega come arrivare alla diagnosi delle aritmie, anche grazie alle nuove tecnologie diagnostiche.

 

Tutti possono avere aritmie cardiache, disturbi che aumentano con l’avanzare dell’età. Si tratta di irregolarità o disordini del battito del cuore. In molti casi si tratta di disturbi benigni, ma spesso le aritmie dipendono da una malattia cardiaca e possono essere pericolose. A parlarne è il dottor Corrado Tomasi, cardiologo aritmologo di Ravenna 33. Formatosi all’ospedale di Reggio Emilia, ha una lunga esperienza aritmologica. Nei vent’anni di servizio alla Cardiologia dell’ospedale di Ravenna, è stato incaricato di alta specializzazione in Elettrofisiologia per l’AUSL e ha diretto la struttura di Aritmologia.

Dottor Tomasi, partendo dall’inizio: che cos’è l’aritmologia?

«È una branca della cardiologia che studia le aritmie, cioè quelle anomalie che si verificano quando il cuore perde il suo ritmo normale. La perdita del ritmo regolare può associarsi ad aumento o diminuzione della frequenza del battito cardiaco.»

Quali disturbi possono provocare al paziente?

«Uno dei più frequenti è il batticuore, cioè la sensazione del cuore che batte velocemente o fortemente. Questa sensazione può essere fugace o persistere. Alcune volte le aritmie non sono percepite dal paziente e sono scoperte in modo casuale. Nei casi più gravi le aritmie si manifestano con lo svenimento o la perdita di coscienza dovuta ad un arresto cardiaco.»

Quali sono le cause principali delle aritmie?

«L’origine delle aritmie, soprattutto nei soggetti più giovani, può essere funzionale, cioè senza patologia sottostante. Frequentemente, però, le aritmie sono causate da malattie cardiovascolari, come l’ipertensione, l’aterosclerosi delle arterie coronarie e le malattie del tessuto muscolare del cuore. Talvolta può esservi una base genetica. Nei soggetti anziani un’aritmia sempre più diffusa è la fibrillazione atriale, responsabile di molti casi di ictus cerebrale.»

Come si arriva alla diagnosi di aritmia?

«In genere, il paziente si presenta dal medico perché accusa dei disturbi che fanno sospettare un’aritmia e si esegue un elettrocardiogramma. Non è detto, però, che al momento della visita e dell’elettrocardiogramma l’aritmia sia presente. Questo è uno degli scenari più frequenti. A questo punto partono gli accertamenti finalizzati a documentare l’aritmia, cioè a registrarla durante la vita quotidiana del paziente.»

Si riferisce al cosiddetto esame ECG-Holter?

«Sì, esattamente. Si tratta di una registrazione elettrocardiografica continua del battito cardiaco, che utilizza un registratore indossato dal paziente. Questo esame abitualmente dura 24 ore. Purtroppo, in molti casi la registrazione di 24 ore non consente di cogliere l’aritmia e diventa inutile. Per questo è fondamentale, oggi, utilizzare registrazioni di durata più lunga, almeno di 7 giorni, per aumentare la probabilità di registrare l’aritmia. A Ravenna33 ci siamo dotati di questi nuovi registratori, che sono più piccoli, compatti e senza fili e creano meno disagio al paziente. Poiché sono basati sull’intelligenza artificiale, la lettura è facilitata e si può anche effettuare uno studio delle apnee notturne e della pressione arteriosa.»

Esistono altri modi per “cercare” un’aritmia?

«In alcuni casi è necessario ricorrere all’impianto sottocutaneo di speciali registratori, detti loop recorder, i quali consentono di osservare il paziente anche per mesi o anni. Solo raramente si ricorre ad esami invasivi, svolti in ospedale.»

Che cosa succede quando viene fatta la diagnosi di aritmia?

«Una volta riconosciuta, l’aritmia deve essere inquadrata nel contesto del singolo paziente, per capire qual è la causa e se il cuore è danneggiato. A questo scopo si usano inizialmente tecnologie diagnostiche non invasive, come l’ecocardiografia, la TAC delle arterie coronarie e la risonanza magnetica del cuore. In alcuni casi si può ricorrere alla prova da sforzo. Ravenna33 dispone di tutte queste tecnologie. Pertanto, nella maggior parte dei casi siamo in grado di inquadrare adeguatamente il paziente e avere tutte le informazioni che servono per la terapia.»

Quali sono i possibili trattamenti?

«Le due principali terapie delle aritmie sono i farmaci e gli interventi invasivi. Per quanto riguarda i farmaci, si cerca di agire su più fronti. Innanzitutto, va curata la malattia di base, quella che ha provocato l’aritmia. In secondo luogo, occorre prevenire l’ulteriore insorgenza delle aritmie. A questo scopo si usano i cosiddetti farmaci “anti-aritmici”. Infine, vanno evitate alcune conseguenze delle aritmie. Ad esempio, nel caso della fibrillazione atriale, che provoca la formazione di coaguli di sangue nelle cavità del cuore, si usano i farmaci anti-trombotici per prevenire l’ictus cerebrale.»

A livello invasivo, invece, come si può intervenire?

«I farmaci non sono in grado di trattare le aritmie associate al rallentamento del battito cardiaco: in questi casi occorre impiantare un pacemaker. Le aritmie maligne, cioè pericolose per la vita, vanno interrotte istantaneamente, nel momento in cui si verificano: questo si ottiene impiantando un defibrillatore. In altri casi le aritmie sono trattate e prevenute con procedure invasive che sono le ablazioni. Queste procedure sono svolte presso la Cardiologia dell’ospedale di Ravenna.»

In sintesi, che tipo di servizi è in grado di offrire l’ambulatorio aritmologico di Ravenna 33?

«Il nostro ambulatorio aritmologico a Ravenna33 può prendere in carico il paziente con aritmie sospette o accertate. Abbiamo infatti la disponibilità delle tecnologie diagnostiche non invasive che servono per fare la diagnosi, inquadrare il paziente, trattarlo con i farmaci e seguirlo nel tempo.»

E per il futuro?

«Siamo già attrezzati per il controllo dei pacemaker e ci stiamo organizzando per la risonanza magnetica da effettuare ai portatori di pacemaker. Quest’ultimo è un servizio molto innovativo, quasi unico.»

Quest’ultimo aspetto merita di essere approfondito. Quando sarete pronti?

«Ci siamo quasi, fra poco potremo offrire ai nostri pazienti anche questa nuova opportunità.»